martedì 3 settembre 2013

SEQUOIE E DESERTO

Yosemite - photo by Pierperrone

Yosemite.
Park.
Natura.
Spazi immensi.
Foreste, montagne, valli, fiumi, laghi.
Abeti.
Soprattutto sequoie.
Alte come grattacieli.
Slanciate come colonne.
Millenarie.
Praticamente, templi al culto della grande Dea madre.

Abbiamo lasciato la città sulla costa del Pacifico, dopo qualche giorno (tre per l'esattezza), e ci siamo inoltrati verso est, in direzione dei grandi parchi.
Un programma intenso davanti.
Miglia e miglia da percorrere.
Luoghi fantastici da visitare.
Miti da toccare con la mano.
Miti personali di questa nostra generazione.
Piaccia o meno, è così.

Yosemite, allora.
Eccolo.



Ecco.
Piaciuto?
Un piccolo gioco della memoria.
Il nemico pistoluto di Bugs Bunny si chiama, no?, proprio Yosemite Sam.
Un pò così, questo barbuto perdente.
Un pò sceriffo.
Un pò sbruffone.
Un pò patetico perdente.
Tifavamo un pò anche per lui, invece che solo per il coniglio, dinanzi agli schermi.
Anche dopo.
Quando rivedere quei cartoon a fianco al figliolo ci faceva impallidire per la velocità del tempo che ci sorpassava, inesorabile.
Yosemite Sam e Bugs su youtube in italiano non li ho trovati.
Forse non ci sono, o staranno nascosti da qualche parte.
Io, comunque, li ho cercati, ieri sera.
Volevo mettere un segno della mia personale storia, una scheggia del nostro tempo.
Un richiamo traverso della mitologia americana, che attraversa la mia periferia personale pre-adolescenziale e s'incrocia anche con quella metropolitana di mio figlio/me padre.
fa strani scherzi il tempo.
Fanno strani scherzi i nomi.
Yosemite.
Un grande parco.
Un parco che la cronaca di questi ultimi giorni consegna al destino inesorabile dell'indomabile incendio.
Un segno americano (e non solo, ovviamente) che lì si manifesta sempre in tutta la sua dimensione cosmica.
L'incendio di San Francisco del 1906, che distrusse la città dopo un terremoto terribile, è rimasto nei libri di storia.
Anche le foreste di Yosemite meritano un posto così.
Da vive.
Non da morte.
I segni del fuoco, di precedenti incendi, ferite nere che non si possono più rimarginare, erano a vista già quando siamo passati in cerca di bellezza.
Adesso il fuoco è rosso come il sangue e come quello è palpitante.
Le ferite si sono aperte in emorragia.
La foresta è avvolta nel dolore.
Il nome del dolore è fuoco e fiamme.
Il fuoco è anche morte.

Il fuoco dà nome di morte anche al deserto.
La Valle della Morte è un altro mito che ho toccato in questi giorni.
La Valle del deserto dove decine di film western hanno inscenato fughe di disperati e di prepotenti.
Luoghi dove il vuoto si fa silenzio, il silenzio sole ardente, la baluginante caligine miraggio e sete e morte.
Luogo dove però restano tracce di vita.
Musica.
Cinema.
Melodie e ritmi.
Memoria.
Ancora memoria...


  


Rieccoci.
Nella Death Valley c'è Zabriskye point, dove il mito cinematografico e musicale si sono congiunti.
Pink Floyd e Michelangelo Antonioni.
Ma noi eravamo bambini, allora.
O quasi.
Io quel film non l'ho mai visto.
Neanche quella musica dei Pink Floyd ho mai ascoltato, anche se i Pink li ho sempre adorati e le loro musiche le conoscevo a menadito.
Almeno fino ad un certo momento...
Ma si è formato un altro mito con quel quel nome così esotico.
Zabriskye.
Orientaleggiante.
Ondivago.
Irradiazione di sussurri, sospiri, sibili, gutturali boccheggiamenti...
Le zeta, le kappa, le ypsilon...
Russo e americano.
Steppa e distese di sabbia...
Comunque, per documentare la storia ed il mito, il film, eccolo qua.



Ed ora ecco le altre foto.
Ho abusato della pazienza di chi è arrivato fino a questo punto.
Certamente.
Allora...
Silenzio.
Come il silenzio che c'era in quegli spazi.
Una voce potente.
L'infinito che sovrastava, rassicurando con la sua voce inudibile che parla solo a chi la sa ascoltare.
Spazio.
E sabbia.
Tempo che sgocciola in minuscoli atomi d'esistenza.
Vita che il sole calcina mescolando luce e calore.
Sassi neri.
Balze di dura roccia multicolore modellate come obbediente plastica imbelle.
Dune e colline come collane della pianura sconfinata.
Il nulla sabbioso.
Il nulla polveroso.
Il nulla roccioso.
Il nulla bollente.
Il nulla assetato.
Il  fascino del nulla infinito che si muta in mille forme e  consistenze differenti.
Colori che sbiancano e sbiadiscono come arsi da un fuoco interiore.
Una vampa che spietata arde sul mondo senza ombra.
Sprofondamenti dell'orizzonte.
Spianamento delle presuntuose alture montuose.
Ferite che si lacerano consumandosi in atomi inconsistenti...
Eppure,tutto questo lavorìo, che impegna le forze incommensurabili della natura da milioni e milioni di anni, tutto questo svolgersi senza requie nell'officina della natura, tutto questo consumarsi della materia, eppure, tutto questo accade, momento per momento, e si crogiola nel più fantastico dei silenzi.
Profondo.
Ancestrale.
Primitivo.
Nudo.
Avvolgente.
Erotico...







1 commento:

  1. Bellissime, mi ripeto lo so, ma non posso dire altro... L'immenso e il dettaglio, vita e morte,fatica e sollievo.
    E la natura lavora di fino, non c'è discussione. Mi piace anche come le hai montate: dopo tutto quel sole, roccia e polvere, montagne e sabbia...beh...le immagini di quell'acqua, amico mio, fanno sospirare di sollievo, come essere lì davvero. Tutte molto belle, ma quelle dell'acqua son quelle che mi son piaciute di più :-)
    Un abbraccio

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